5.a domenica di Pasqua
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5.a domenica di Pasqua

Domenica sorsa la Liturgia ci ha mostrato l’immagine di Gesù che si presenta come il Buon Pastore che offre la vita per le sue pecore, e ci ha esortato ad avere con lui un intenso rapporto di comunione, affermando “conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”, e, ancora, “ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore”; e oggi il Vangelo ci spinge non solo ad ascoltare la voce del Signore e a seguirlo come il nostro pastore, ma il Vangelo odierno ci vuole aiutare ad avere un rapporto più intimo e profondo con il Signore, e ci presenta l’immagine di Gesù che si definisce come la vite: “Io sono la vite vera e voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.
Nei profeti e nei Salmi, Dio appariva come il padrone della vigna, che era sempre attento, ma era presentato come il padrone, e le persone erano gli operai della vigna, ma ora Gesù afferma qualcosa di rivoluzionario, e dice: "lo sono la vite, voi siete i tralci". Non c’è più il rapporto distante tra padrone e operaio, ma facciamo parte della stessa pianta: come il tralcio, per vivere, è innestato nella vite, allo stesso modo noi dobbiamo essere innestati nel Signore Gesù, come il tronco deve essere innestato nella pianta per poter vivere. Dobbiamo restare innestati in Gesù, vera vite, perché solo da Lui riceviamo la linfa che ci fa esistere, la linfa che ci permette di crescere. E le preghiere che recitiamo quotidianamente e le nostre riflessioni, ci aiutano a ricevere la linfa, la forza del Signore, per non allontanarci da Lui e poterlo testimoniare.
San Giovanni, nel brano della sua prima lettera, ci esorta a non amare gli altri solo con le parole e con la lingua, ma, se siamo veramente innestati in Gesù, ci esorta ad amare gli altri con i fatti e nella verità: “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”. Questa è la prima immagine che il Vangelo ci presenta, ma c’è anche un’altra immagine, che un po’ ci sconvolge: quella del vignaiolo che per far portare molto frutto, taglia, pota il tralcio.
Tante volte ci lamentiamo con Dio per qualcosa di triste che ci capita nella nostra vita, come perdere qualche amicizia, qualche affetto, ci lamentiamo per qualche nostro interesse che non si realizza, ci abbattiamo per la nostra mancanza di salute, e chiediamo a Dio di toglierci queste croci e queste sofferenze, senza capire che, forse, in quel momento è Dio che opera, che pota i nostri tralci, che vuole purificarci, in modo che abbandoniamo le realtà umane e le nostre sicurezze, e così possiamo sempre più essere “innestati” in Lui. Anche le nostre sofferenze e le nostre croci sono segno dell’immenso amore di Dio nei nostri confronti, perché ci vuole sempre più uniti a Lui. Ecco perché ci “pota” dalle nostre sicurezze umane.
“Rimanete in me e io in voi; chi rimane in me porta molto frutto”.