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23.a domenica Ordinario

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23.a domenica Ordinario


Il brano di Isaia ci mostra il popolo di Israele che è deluso perché si trova in esilio, ma Dio interviene per liberarlo, e, dice il profeta al popolo e a tutti noi: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, …, Egli viene a salvarci”. Qualcosa di nuovo avviene per l’uomo, ma non è solo qualcosa di nuovo per il corpo, ma anche qualcosa di nuovo per lo spirito dell’uomo. La speranza per l’uomo si realizza, si concretizza. Isaia, oltre che del rinnovamento della natura, ci parla anche di zoppi che saltano, di ciechi che vedono, di persone mute che urlano, ed è quello che ha realizzato Gesù nella sua vita, guarendo le persone dalle loro infermità.
Il brano del Vangelo, oggi, inizia con queste parole che sembrano un dettaglio geografico sui suoi spostamenti: “Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli”, (che erano dici città pagane). Non è un dettaglio geografico: Gesù esce, passa, viene, non si ferma mai. Si dirige verso Gerusalemme dove offrirà se stesso, ma passa anche tra i pagani ad annunciare il messaggio di salvezza, e viene alla nostra ricerca, cerca di raggiungerci ovunque, anche se siamo in un mondo pagano. Offre a tutti la salvezza, senza fare distinzioni, cosa che, invece, facciamo noi.
Qui gli portarono un sordomuto, pregandolo di guarirlo. Isaia, nella prima lettura, ci ha detto “si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi”, e Gesù guarisce questo sordomuto che ora può ascoltare e può anche parlare. Non pensiamo solo a questo fatto miracoloso che ci porta a lodare e osannare Gesù, ma questo miracolo deve portarci a verificare se anche noi abbiamo le orecchie chiuse alla Parola di Dio e se le nostre labbra sono mute, perché non annunciamo la Parola di Dio e non professiamo sempre la nostra fede. Anche se ci vediamo bene e riusciamo a parlare (qualche volta anche troppo), forse, nei confronti di Dio, anche noi siamo sordomuti, perché non ascoltiamo e non viviamo la sua Parola e non la annunciamo mai.
Questo sordomuto è “guarito” perché aveva una “apertura” verso Dio, era in relazione con Lui, non aveva chiuso il suo cuore. Quando noi non siamo in relazione con Dio e abbiamo chiuso il nostro cuore con l’egoismo, pensando solo a noi, allora siamo sordomuti, perché non ascoltiamo la Parola di Dio, e teniamo le nostre labbra chiuse agli altri; siamo muti nella preghiera, non ringraziamo, non invochiamo il Signore. A questo sordomuto, Gesù per guarirlo, non dice “parla” o “senti”, ma dice “Effatà”, cioè “Apriti”. Per non essere ancora sordomuti nei confronti di Dio e dei fratelli, anche noi dobbiamo aprire il nostro cuore, superando l’egoismo. Abbiamo bisogno di una nuova risurrezione, di una nuova vita. “Apriti”.
Chi c’è al centro della nostra vita? Ci siamo noi stessi con il nostro benessere e con i nostri interessi, anche se siamo convinti di voler bene agli altri e di essere disponibili. Come ci dice Giacomo, Dio non fa preferenze di persone, ma ama il povero, l’umile, quello che è orientato verso di Lui: questi sono amati dal Signore perché possono accogliere la sua Parola e donarla agli altri.
“Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio”

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