17 domenica Ordinario
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17 domenica Ordinario
Le letture di questa domenica ci invitano a riconoscere la provvidenza di Dio, che non ci fa mai mancare il suo conforto, e ci invitano anche a considerare il “di più” che Dio vuole da ciascuno di noi. Gli esempi di chi porta l'offerta (prima lettura) e del ragazzo del vangelo ci spingono a vivere affidando la nostra povertà alla sua potenza, anche ora, che ci troviamo in mezzo a tante difficoltà.
Spesso, anche noi cristiani pensiamo che Gesù pretenda troppo da noi: ci chiede di amarci e di perdonarci sempre, ci chiede anche di amare i nostri nemici e di pregare anche per loro, e, ancora, ci invita a mettere sulle nostre spalle i dolori degli altri. Noi, cristiani praticanti, agiamo sempre mettendo in pratica i consigli del Signore, oppure il nostro è un cristianesimo solo superficiale, e facciamo solo pie pratiche esteriori, e non ci lasciamo guidare dal comandamento dell’Amore? La società, oggi in particolar modo, ci offre la possibilità di vivere questo comandamento, in mezzo a tanti migrati e a tante persone che hanno bisogno di tutto, anche a causa della pandemia.
790 anni prima di Cristo, anche il profeta Eliseo ha dovuto sperimentare una situazione difficile quando in Israele era capitata una grande carestia, e la prima lettura, ci ha presentato un uomo che si presenta da lui, e gli offre 20 pani d’orzo: nel tempo della carestia, quando non c’era nulla, questi pani erano un dono da parte di Dio. Ma, Eliseo, quella piccola abbondanza di 20 pani, la mette a disposizione di tutti, e tutti ne mangiarono e ne avanzò. Eliseo sente compassione per quelle persone che, come lui, stanno soffrendo per la carestia. Carestia che, purtroppo, stiamo vivendo anche oggi.
Anche Gesù si commuove per la folla che lo segue: Gesù annuncia la venuta del Regno di Dio, e, allo stesso tempo, non dimentica i corpi stanchi e affamati delle persone. Da oggi, per 5 domeniche, sentiremo nel Vangelo la lettura del sesto capitolo di Giovanni che ci parla principalmente del “pane”, pane che è nutrimento fisico per gli uomini, pane che è tanto importante per Gesù, che il Giovedì Santo, durante l’Ultima Cena, lo trasformerà nel suo Corpo, per essere nutrimento spirituale per tutti gli uomini, mistero che ricordiamo quotidianamente durante la celebrazione eucaristica.
Gesù è in cammino verso Gerusalemme, dove celebrerà il Giovedì Santo e la Pasqua Ebraica con la sua morte e la sua Risurrezione, e, durante questo viaggio, nella riva del mare di Tiberiade “alzati gli occhi, vide una grande folla”, che andava da lui perché nelle sue parole trovava il “pane”, trovava la forza che faceva vivere. Gesù previene la necessità della folla, e attraverso la collaborazione di un ragazzo che mette a disposizione il suo modesto pranzo giornaliero, distribuisce il pasto di questo ragazzo, soddisfacendo la fame di quella popolazione, e dagli avanzi riempiono dodici canestri; e di questo “pane” che dà la vita, continueremo a parlarne anche nelle prossime domeniche. Anche noi, come Gesù, dobbiamo prendere il pane che abbiamo, rendere grazie a Dio per questo dono, e distribuirlo agli altri senza egoismo. Se siamo generosi, i miracoli esistono anche oggi, e il pane che doniamo ci sarà sempre, e non finirà né per noi, né per gli altri. Non scoraggiamoci perché abbiamo poco: quello che Gesù ci chiede è di essere staccati da noi stessi e dalle nostre sicurezze umane. Dobbiamo sempre avere fiducia in Lui e nella sua provvidenza.
Tutti noi siamo stati chiamati da Dio ad essere testimoni del suo amore e della sua misericordia, e allora, cerchiamo di seguire l’invito che ci viene rivolto da Paolo, che ci esorta a comportarci “con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore”. Anche noi, persone semplici e inutili, possiamo diventare strumenti della misericordia di Dio. “Dio ha visitato il suo popolo”, anche attraverso il nostro amore per gli altri.