11.a domenica Ordinario
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11 domenica Ordinario

Dopo l’esilio, il popolo ebreo è come un albero reciso, senza vita, ed Ezechiele (prima lettura), rivolge parole di speranza, parlando di ramoscelli che saranno piantati sul monte alto di Gerusalemme.
Questo brano del Vangelo di Marco possiamo definirlo come il brano delle parabole agricole, perché ci parla di semi che vengono piantati dal seminatore, come nel brano di Ezechiele, ed è ambientato in campagna, dove ci sono ramoscelli, alberi e granelli. E oggi la Liturgia ci parla proprio di semi, di alberi, di ramoscelli, in riferimento al tema del Regno di Dio, e non ci presenta, come i giornali e la TV, argomenti tristi che incutono in noi la paura e la tristezza, ma ci presenta un messaggio di speranza. Cos’è il Regno di Dio?
Gesù, nella prima parabola, paragona il Regno di Dio a un uomo che getta il seme sul terreno e aspetta che germogli: tra la semina e il germoglio, l’agricoltore non fa più nulla, se non annaffiare, e aspetta e spera che il seme germogli. La persona che getta il seme è innanzitutto Gesù Cristo, ma siamo anche noi, e dobbiamo aspettare con fiducia e speranza che il seme che abbiamo piantato, germogli. E il seme lo seminiamo con un gesto di carità, seminiamo questo seme quando sappiamo perdonare chi ci ha offeso e lo perdoniamo per amore di Cristo; seminiamo il seme, quando testimoniamo la nostra fede davanti a chi non crede. Il seme che seminiamo può essere anche una parola detta con amore, per aiutare uno che sta soffrendo; può essere anche una preghiera per gli altri. Il seme che seminiamo possono essere tutti questi gesti, piccoli o grandi, che noi facciamo per amore del Signore e dei nostri fratelli.
Tante volte noi facciamo questi piccoli gesti di amore, e ci sembra che tutto resti come prima, che non cambi nulla, e, allora, siamo scoraggiati, ma questo brano del Vangelo ci mostra che, sia che vegliamo, sia che dormiamo, il Signore prende sotto la sua cura questo seme che abbiamo seminato. E solo grazie alla sua cura esso germoglia, cresce da solo, spontaneamente, e noi non sappiamo come.
Noi, con la nostra vita, con le nostre preghiere, con le nostre parole, seminiamo, e il seme buono che abbiamo seminato, fiorirà. “Quando fiorirà? Ho seminato da tanto tempo: quando vedrò i frutti?” – diciamo a noi stessi. Ci vuole fiducia e pazienza, ma fiorirà. Dio è sempre all'opera, anche attraverso le nostre piccole azioni. Qualcosa di nuovo non c’era solo per il popolo ebreo rientrato dall’esilio, ma qualcosa di nuovo c’è anche oggi per ogni uomo, in qualunque situazione si trovi.
Noi seminiamo, ma, alla fine, è Dio che raccoglie, e non siamo noi a raccogliere i frutti, anche se, egoisticamente, ci piacerebbe raccogliere noi i frutti del nostro lavoro!