16.a domenica Ordinario
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16.a domenica Ordinario

In questo brano della prima lettura, il profeta Geremia è inviato da Dio, non ad annunciare la sua Parola al popolo, ma è inviato, principalmente, a rimproverare le guide, i pastori che non fanno il loro dovere, che non costruiscono la comunità, ma che la distruggono perché non sono sempre fedeli alla loro missione, al loro compito. Sembra quasi una accusa nei confronti di noi sacerdoti che non sempre svolgiamo il nostro ministero testimoniando l’Amore e la Misericordia di Dio. Forse, talvolta, anche noi abbiamo da ridire sul comportamento dei sacerdoti, ma non è questa l’idea che oggi ci vuole lasciare questa pagina del Vangelo, ma ci vuole lasciare l’idea che viene subito dopo: anche se il sacerdote non svolge fedelmente il suo ministero, c’è sempre la presenza, l’intervento di Dio, che dice: “Radunerò io stesso il resto delle mie pecore, …, e susciterò a Davide un germoglio giusto (cioè Gesù)”. Dio si interessa di noi e ci invia Gesù come guida e come Salvatore.
Questa promessa di Dio si è realizzata in Gesù, come ci mostra il Vangelo odierno. Gesù mostra amore verso gli apostoli, anche se certe volte lo hanno tradito, e mostra amore verso la folla che accorre da Lui per ascoltare la sua Parola.
“Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto”: per essere veramente quelli che ascoltano la Parola di Dio, dobbiamo anche noi trovare dei momenti per condividere anche le nostre gioie e le nostre difficoltà, con il Signore, come hanno fatto gli apostoli. Dopo che hanno compiuto la loro missione, gli apostoli hanno bisogno del loro riposo, per poter continuare la loro missione di evangelizzazione, e Gesù li invita a stare in disparte e a riposarsi. Gesù ha compassione dei suoi discepoli che sono stanchi e sfiniti per la loro missione. Per avere un rapporto e un dialogo con Gesù, anche noi abbiamo bisogno di staccarci dalle confusioni delle realtà umane, che ci distraggono.
Ma Gesù ha anche compassione per la folla che lo segue, “perché erano come pecore che non hanno pastore”, e si mise a insegnare loro molte cose. Gesù ha invitato gli apostoli a riposarsi, ma Lui rinuncia al suo riposo: Gesù prova dolore per il dolore, per la sofferenza dell’altro; prova dolore per la stanchezza degli Apostoli, e prova dolore per il popolo che è senza pastore. Purtroppo anche in noi certe volte la speranza muore, e muore, non perché siamo nel dolore e nella sofferenza, ma la nostra speranza certe volte muore perché non c’è nessuno che ci conforti nel momento del dolore.
Il nostro compito, come cristiani, dovrebbe essere quello di amare, di essere sempre disponibili verso chi ha bisogno di una nostra parola e di un nostro atto di generosità. Anche San Paolo, nel brano degli Efesini, ci ricorda che la nostra missione, all’interno della Chiesa, sia come sacerdoti, e sia come laici, la nostra missione è quella di essere anche noi strumenti di salvezza per gli altri.
Il bene degli altri deve essere il compito e il desiderio di ciascuno di noi.