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22.a domenica Ordinario

Liturgia della Parola > Tempo Ordinario
22.a domenica Ordinario


Dopo aver concluso la lettura del capitolo sesto di Giovanni, che trattava del pane, del Corpo di Gesù, con questa domenica riprendiamo la lettura del Vangelo di Marco, che assieme al brano del Deuteronomio (1.a lettura) e al brano della Lettera di Giacomo, hanno in comune il tema della Legge di Dio.
Notiamo che spesso nella nostra vita, che all’interno della nostra comunità, che nel mondo in cui viviamo, ci sono tante difficoltà, notiamo che è presente il male: nel cuore dell’uomo, nel cuore di ciascuno di noi sono presenti impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Ogni uomo, e prima di tutto ciascuno di noi, oggi dobbiamo metterci in sintonia con la Parola di Gesù, per iniziare una vita nuova, mettendo in pratica la Parola di Dio, e così trovare la pace e la serenità nella nostra vita.
Mosè, ha ricevuto da Dio le tavole della Legge, e parla al popolo di Israele esortandolo a osservare i comandamenti: “Ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi”, “osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo. Le osserverete dunque, e le metterete in pratica”.
Dobbiamo rispondere anche all’invito che ci rivolge Giacomo “Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi, …, siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non soltanto ascoltatori; …; religione pura è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo”. La carità, l'amore verso gli altri, la speranza e la fede nell'eternità devono spingerci ad agire in questo modo per aiutare chi ha bisogno. La vera Religione non è un insieme di preghiere e di orazioni che forse recitiamo per abitudine, ma la vera religione è vivere con purezza e senza nessuna macchia davanti a Dio.
Nel capitolo precedente di Marco (cap. 6), troviamo che da Gesù deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccavano venivano salvati. Per questo motivo Gesù è contento ed ha esultanza per i guariti, e i farisei e gli scribi lo contestano per delle sciocchezze, perché i suoi discepoli non si lavavano le mani, avendo le mani impure prima di prendere il cibo, come voleva la loro tradizione. Lavarsi le mani prima del pranzo è importante anche ai nostri giorni, come era importante soprattutto ai tempi di Gesù quando non si usavano le forchette ma tutto si prendeva con le mani. Solo che questo “precetto umano”, di lavarsi le mani, era presentato dai farisei come “dottrina” che era voluta da Dio. Viene attribuito a Dio quello che, invece, viene dagli uomini.
Tutto quello che deriva dall’uomo può cambiare, come può cambiare anche il modo di celebrare i sacramenti: non è importante celebrare la Messa col rito di Pio V o di Papa Giovanni o di Paolo VI o come la celebra Papa Francesco, non è importante di celebrarla in latino o in italiano: l’importante è sapere, credere e partecipare al Sacrificio della Croce, stando uniti a Gesù, sia in lingua italiana sia in lingua latina. Stare uniti a Gesù. Dobbiamo essere “puliti” dentro il nostro cuore. Puliti esternamente, ma, principalmente, dobbiamo essere puliti interiormente, nel nostro cuore, con l’Amore verso tutti, vivendo la Legge di Dio.
E la Legge che oggi il Signore ci vuole lasciare è la Legge dell’Amore, della Carità verso Dio e verso tutti i nostri fratelli, Legge che tutti siamo chiamati a vivere: la Legge dell’Amore.

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