17.a domenica Ordinario - Sito di don Antonello

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17.a domenica Ordinario

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17.a domenica Ordinario

Certamente, anche noi cristiani praticanti, tante volte abbiamo detto che quello che ci chiede Gesù è sconvolgente e va contro quella che è la tradizione umana che anche noi seguiamo: ci chiede di amarci e di perdonarci sempre, ci chiede anche di amare i nostri nemici e di pregare per quelli che ci offendono, e ci invita anche a mettere sulle nostre spalle i dolori degli altri. Noi, che ci definiamo cristiani praticanti, agiamo sempre mettendo in pratica i consigli del Signore, oppure il nostro è un cristianesimo solo superficiale, fatto solo di pie pratiche esteriori, senza lasciarci guidare dal comandamento dell’Amore? La società, oggi in particolar modo, ci offre la possibilità di vivere questo comandamento, in mezzo a tanti migrati e a tante persone che hanno bisogno di tutto.
Tanti anni fa, nel IX secolo prima di Cristo, anche il profeta Eliseo ha dovuto sperimentare una situazione difficile quando in Israele era capitata una grande carestia, e oggi, la prima lettura, ci presenta un uomo che si presenta da lui, offrendo 20 pani d’orzo: nel tempo della carestia, quando non c’era nulla, questi pani sono un dono da parte di Dio. Ma, Eliseo, quella piccola abbondanza di 20 pani, la mette a disposizione di tutti, e tutti ne mangiarono e ne fecero avanzare. Eliseo sente compassione per quelle persone che, come lui, stanno soffrendo per la carestia.
Anche Gesù si commuove per la folla che lo segue: Gesù annuncia il Regno di Dio, e, allo stesso tempo, non dimentica i corpi stanchi e affamati delle persone. Da oggi, per 5 domeniche, sentiremo nel Vangelo la lettura del sesto capitolo di Giovanni che ci parla principalmente del “pane”, pane che è nutrimento fisico per gli uomini, tanto importante per Gesù, che il Giovedì Santo, durante l’Ultima Cena, lo trasformerà nel suo Corpo, per essere nutrimento spirituale per tutti gli uomini, mistero che ricordiamo quotidianamente durante la celebrazione eucaristica.
Gesù è in cammino verso Gerusalemme, dove celebrerà il Giovedì Santo e la Pasqua Ebraica con la sua morte, e, durante questo viaggio, nella riva del mare di Tiberiade “alzati gli occhi, vide una grande folla” che veniva da lui perché nelle sue parole trovava il “pane” per tutti, “pane” che faceva vivere.  Gesù previene la necessità della folla, e attraverso la collaborazione di un ragazzo che mette a disposizione il suo modesto pranzo giornaliero, non moltiplica i pani e i pesci, (non si parla di “moltiplicazione”), ma distribuisce il pasto di questo ragazzo, soddisfacendo la fame di quella popolazione, e dagli avanzi riempiono dodici canestri; e di questo “pane” che dà la vita, continueremo a parlarne anche nelle prossime domeniche. Anche noi, come Gesù, dobbiamo prendere il pane che abbiamo, rendere grazie a Dio per questo dono, e distribuirlo agli altri senza egoismo. Se siamo generosi, i miracoli esistono anche oggi, e il pane che doniamo ci sarà sempre, e non finirà né per noi, né per gli altri. Non scoraggiamoci perché abbiamo poco: quello che Gesù ci chiede è di essere staccati da noi stessi e dalle nostre sicurezze umane. Dobbiamo sempre avere fiducia in Lui.
Tutti noi siamo stati chiamati da Dio ad essere testimoni del suo amore e della sua misericordia, e allora, seguiamo l’invito che ci viene rivolto da Paolo, che ci esorta a comportarci “con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore”. Sono le persone semplici e inutili che fanno cose grandi, se sono unite a Dio, come Madre Teresa, piccola suora, che si è messa in mezzo ai poveri dell’India, diventando strumento della misericordia di Dio.

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