15 domenica Ordinario
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15 domenica Ordinario
L’apostolato è un dono, è una missione, che riceviamo dal Padre, missione che ha ricevuto anche Gesù da Dio suo Padre. Ed è la stessa realtà che sperimenta anche il profeta Amos. Amos era un uomo semplice, non aveva ambizioni, era consapevole di non avere nessun titolo per essere un profeta. Fino a quel momento la sua occupazione era stata quella di condurre al pascolo il suo bestiame. Non aveva altri ideali. Però, interviene Dio che cambia completamente la sua vita e lo invia come profeta per guidare il ,popolo ebreo: guidare non più il bestiame, ma guidare il popolo, presentando la parola di Dio.
Il re Geroboamo, per rafforzare il suo potere, a Betel aveva costruito un santuario, e come sacerdote aveva messo Amasia, un uomo di sua fiducia. Ecco il motivo per cui avviene il contrasto tra Amasia e il profeta Amos, descritto nella prima lettura. Amasia non accettava che venisse messo in discussione l’operato politico del re, mentre Amos condanna l’immoralità sociale che era favorita, proprio, dalla politica del re, e annuncia che il suo governo sarebbe caduto, e Amasia esorta Amos a non predicare e ad allontanarsi dal territorio. Amasia tradisce la sua missione, e, invece di servire Dio serve il re: Purtroppo, il potere, il denaro, comandano e controllano tutto, anche le nostre coscienze. Chi è alleato del potere e della cultura dominante raramente dice ciò che la coscienza suggerisce, perché questo può compromettere la nostra posizione. Però, Amos continua la sua missione, anche in mezzo alle difficoltà. È lo stesso atteggiamento che hanno avuto anche Ezechiele, Gesù, Paolo e gli altri profeti, quando la loro parola era stata rifiutata.
Nel brano della Lettera agli Efesini, Paolo ci ricorda che noi cristiani, in Gesù, attraverso il suo sangue, siamo stati scelti per essere dei veri figli di Dio, pieni di Spirito Santo e ottenere la redenzione. Noi siamo seguaci di Gesù, e allora siamo chiamati anche noi a essere dei profeti, delle persone che annunciano agli altri la Parola di Dio.
Anche Gesù invia i discepoli per essere profeti del regno di Dio, e impone loro, e lo impone anche a noi, di camminare liberi da ogni legame e da ogni forma di possesso. Solo così, possiamo annunciare la parola che salva. Tutti siamo prigionieri delle cose, desideriamo avere sempre di più, e per questo motivo possiamo fare delle scelte sbagliate, delle scelte non cristiane, per adeguarci alla mentalità moderna che spesso non segue la volontà di Dio ma che è in contraddizione con Lui. La Torre di Babele, forse, è presente anche oggi: l’uomo vuole sostituirsi a Dio e prendere il suo posto. Forse anche in certe decisioni politiche odierne, che ci allontanano da Dio.
Cerchiamo di essere anche noi dei veri “profeti” che annunciano la Parola di Dio con le parole, con la nostra vita e con le varie scelte che siamo chiamati a compiere ogni giorno.
“Ed essi, partiti, - ci dice l’evangelista parlando dei discepoli - proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.” Dobbiamo essere profeti, donando la speranza e l’amore a ogni uomo che forse non ce l’ha più, perché ha perso la speranza nella vita.