14.a domenica Ordinario - Sito di don Antonello

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14.a domenica Ordinario

Liturgia della Parola > Tempo Ordinario
14.a domenica Ordinario

Le Letture di questa domenica mettono in mostra, prevalentemente, la figura del “profeta”. Il profeta è una persona che è mandata da Dio a parlare in suo nome, a portare il suo messaggio, a diffondere la verità della sua Parola. Tante volte la Sacra Scrittura ci presenta l’immagine di vari profeti che hanno avuto difficoltà a compiere il loro ministero, perché la Parola di Dio era rifiutata, come è rifiutata ancora oggi. È stata rifiutata la parola proclamata da Giona a Ninive, quando cercava di convertire il popolo, anche Mosè ha avuto difficoltà a liberare il popolo ebreo dalla schiavitù egiziana, perché il faraone e il popolo ebreo non ascoltavano il messaggio di Dio.
Anche gli Apostoli e san Paolo hanno avuto sempre difficoltà ad annunciare il messaggio della risurrezione dai morti, e difficoltà ad annunciare che Cristo era Risorto. E anche noi abbiamo molta difficoltà ad accogliere pienamente la Parola di Dio.
La prima lettura ci parla del profeta Ezechiele che viene chiamato da Dio, ed è inviato per portare il popolo alla conversione, ma è Dio stesso che lo prepara alla possibilità che l’annuncio del suo messaggio possa avere un insuccesso, perché il popolo, dice Dio, è “una razza di ribelli”, e “ascoltino o non ascoltino”, sapranno che un profeta si trova in mezzo a loro.
La seconda lettura ci ha mostrato Paolo, l’apostolo delle genti, che si trova a Corinto, e si lamenta per le difficoltà che incontra nella sua missione, e anche lui ha un momento di debolezza, e chiede al Signore di togliergli la spina, la sofferenza che sta provando, e il Signore gli risponde che, per superare tutto, gli è sufficiente la grazia che Lui gli concede. Anche noi, quando annunciamo la Parola di Dio, anche se siamo deboli, fragili, peccatori, siamo forti, perché Dio è con noi, come dice Paolo, che afferma “quando sono debole, è allora che sono forte”: è forte perché Dio è con lui.
Anche il vangelo ci presenta la figura di un profeta, anzi, la figura del “profeta”: Gesù Cristo. Gesù, il Profeta, dopo aver portato ovunque la Parola di salvezza, proprio a Nazareth incontra i suoi compaesani che non credono in Lui e nelle sue Parole. Tutti si meravigliano della sua sapienza e dei gesti che compie, ma tutti hanno un pregiudizio: lo conoscono e lo vedono solo come uno di loro, senza comprendere che in lui quello che agisce è il progetto di Dio Padre. Tante volte anche noi valutiamo e giudichiamo i profeti secondo la loro origine, secondo la loro politica o la loro religione, e non sappiamo riconoscere dalle loro parole quello che Dio vuole da noi.
Ma il profeta è sereno anche quando non è ascoltato o è rifiutato, perché sa di essere inviato da Dio. Davanti al rifiuto dei compaesani, Gesù non reagisce duramente e non condanna, non si deprime per questo suo insuccesso (come talvolta capita a noi quando abbiamo un insuccesso e ci deprimiamo), ma Gesù “impose le mani a pochi malati e li guarì”. Gesù, il Dio rifiutato, si fa ancora guarigione, anche solo per pochi, guarisce anche uno solo, però continua a guarire. Dio continua ad amare anche pochi, anche uno solo. Dio non è stanco di amare: è solo stupito, meravigliato per la poca fede: “e si meravigliava della loro incredulità”.
Il nostro Dio, non ha mai rancore, non ci odia, anche se continuamente lo tradiamo, e continua ad amarci.

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