12 domenica Ordinario
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12 domenica Ordinario
“Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena”: con queste parole l’evangelista Marco ci presenta l’episodio che gli apostoli e Gesù sperimentano in mezzo al mare di Galilea, quando vengono colpiti da una forte tempesta, e questa situazione crea disagio e paura nel cuore dei discepoli che si sentono isolati e abbandonati in mezzo a questa difficoltà.
Questo episodio lo abbiamo meditato tante volte, e abbiamo anche visto delle immagini che ci mostravano Gesù sulla barca, che intimava al mare di placarsi. Questa pagina del Vangelo molte volte l’abbiamo interpretata in modo troppo semplicistico e rassicurante. Ci siamo detti che, se il Signore è con noi, noi non corriamo nessun pericolo, e, guardano la situazione, certe volte molto triste che attraversa la Chiesa, abbiamo pensato che, nonostante la Chiesa attraversi tante situazioni difficili, nonostante questo, siamo convinti che la Chiesa possa passare tranquilla in mezzo alle difficoltà della vita, perché il Signore è presente. Quante volte abbiamo fatto anche noi questo ragionamento? Il Vangelo odierno non vuole offrirci queste facili sicurezze, staccandoci dall’impegno che dobbiamo avere nelle nostre realtà umane, anzi, vuole portarci a intensificare la nostra fede.
Certe volte, la fede per noi è un facile riparo, pretendiamo che sia una garanzia contro le avversità della vita. Quante volte abbiamo detto “io ho molta fede: perché mi sta capitando questo?”, e anche “perché Dio non ascolta le mie preghiere, anche se vado continuamente a Messa?”. Per noi, la fede è come una garanzia che io ho contro tutte le avversità della vita. “Perché Dio non mi libera da queste situazioni?”.
Questa tempesta di cui parla Marco è il segno di ogni turbamento che è presente nella storia della Chiesa ed è anche il segno del turbamento che è presente nella vita di ciascuno di noi. Quante “tempeste” sono presenti nella nostra vita e nella storia della Chiesa?
Gli apostoli rimproverano Gesù che sembra che non si interessi della loro situazione, e Gesù domanda loro perché hanno paura e non hanno ancora fede: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Noi uomini vogliamo costringere Dio a giustificarsi di certe situazioni in cui ci troviamo, e lo rimproveriamo dicendogli, come hanno fatto gli apostoli: “Non t’importa che siamo perduti?”, mentre il Signore ci invita a rendere conto della nostra fede. Dio non ci offre immediatamente delle soluzioni alle situazioni drammatiche che ci capitano, ma vuole risvegliare la nostra fede perché queste situazioni tristi e dolorose le affrontiamo con coraggio e responsabilità. Spesso non vediamo i piani di Dio, perché ci è più semplice fare e vedere i nostri calcoli e le nostre idee: Preferiamo restare attaccati ai nostri progetti. Diciamo di avere molta fede, ma spesso non abbiamo fede in Dio, ma riponiamo la nostra fiducia in altre realtà. Non siamo veramente indirizzati verso Dio, ma riponiamo la nostra fiducia in altre cose, come la nostra capacità e la nostra intelligenza. Riponiamo la nostra fiducia in noi stessi e nelle nostre qualità.
All’inizio di questo brano evangelico, Gesù, rivolto ai discepoli, dice “Passiamo all’altra riva”, e oggi lo ripete anche a ciascuno di noi, e ci invita a “passare all’altra riva”, cioè nel mondo di Dio, ci invita a passare in un mondo che è diverso da questo nostro mondo che è segnato solo dalle nostre preoccupazioni e dalle nostre abitudini.
“Passiamo all’altra riva”, accogliamo la volontà di Dio.