34 domenica Ordinario - Cristo Re
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Solennità di Cristo Re
Spesso ci domandiamo quale sarà il nostro futuro, e ce lo chiediamo proprio in questo periodo, quando vediamo che nella nostra società il male cresce sempre più. È sempre frequente l’odio, l’egoismo, le guerre tra le nazioni, tanti innocenti che sono sterminati per il desiderio del potere e del dominio. Purtroppo, certi dominatori hanno il desiderio di sfruttare, di possedere le persone per mostrare la propria regalità e il potere. Sembra che ormai il male e la violenza abbiano la prevalenza su tutto. Ora c’è anche la morte dovuta al Covid che ci perseguita e miete tante vittime. E, nonostante questo disagio che proviamo, anche oggi la Chiesa, come fa ogni anno alla fine dell’Anno Liturgico, ci presenta la figura di Cristo, Re dell’Universo. E questa festa ci propone la meta salvifica della nostra vita e di tutto il creato, che dobbiamo raggiungere.
Daniele, prima del brano odierno, nel primo anno di Baldassar re di Babilonia, vede la visione di quattro bestie feroci, il leone, la pantera, l’orso, e una bestia spaventosa che distruggevano tutto, e che rappresentavano il potere politico e temporale di quel periodo, quando si cercava di sfruttare gli altri per i proprio comodi, causando anche la morte degli avversari. Però, Daniele ha anche la visione di “uno simile a un figlio d’uomo” che viene dal cielo, al quale vengono dati “potere, gloria e regno”. Nonostante le difficoltà che sono presenti, Dio viene a liberarci. E questo porta speranza anche a noi: il male, l’odio, questa pandemia che stiamo vivendo, non trionferanno, ma, alla fine, ci sarà la vittoria del bene, di Cristo che, col suo amore, sarà il Re dei nostri cuori e di tutto il creato. Cristo è amore, è colui che ci ama, come ci dice l’Apocalisse: cerchiamo di accogliere nella nostra vita il Signore che viene.
Forse è un po’ sconvolgente il dialogo di Gesù con Pilato, nel brano di Giovanni. Ci viene difficile credergli, quando afferma “Io sono re”, e lo dice proprio in un momento in cui sembra che sia privo di potere, di sostegno, e che non abbia diritti. Sta per essere condannato a morte. Chi è disposto a dargli credito, o addirittura ad affidargli la propria vita? Il primo a restare sconcertato è proprio Pilato: per lui regnare vuol dire avere forza, imporsi, obbligare gli altri ad accettare il proprio potere. Ma quest'uomo che gli viene condotto, Gesù che è completamente nelle sue mani, quale potere può rivendicare? Nessuno.
E anche noi, per andare contro questa mentalità, certe volte lo dipingiamo e lo descriviamo con le insegne di una regalità che non ha niente a che fare con lui. Lo rappresentiamo nei quadri, nei discorsi e nelle immaginette come un re di questo mondo, con una corona, uno scettro, un manto regale, un trono. Per noi è difficile riconoscere che il suo è un altro potere, non quello umano di dominio: quello di Gesù è il potere dell’amore: il suo trono non è quello del dominio, ma il suo Trono è la Croce, dove ha offerto se stesso per la nostra salvezza. L’amore: una realtà che anche tutti noi dobbiamo vivere.
L'ultima parola sulla storia la dice proprio il Crocifisso, quello che è inchiodato al patibolo, quello che è condannato dal potere civile e religioso: è Gesù che dice l’ultima parola della storia. La sua è una vita donata, ed è l’unica che può salvare e cambiare il mondo e il nostro cuore. Nel disegno del Padre, anche la sofferenza e la morte diventano offerta d’amore che vince ogni male. Anche la nostra sofferenza può essere una offerta d’amore che vince ilo male.
“Tu lo dici: io sono Re”.