26 domenica Ordinario
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26 domenica Ordinaria
Oggi, tutta la Liturgia ci esorta a convertirci perché possiamo vivere in unione con Dio. Certe volte anche noi abbiamo la stessa mentalità che avevano alcuni israeliti al tempo di Ezechiele, vissuto circa 550 anni prima di Cristo, e alcuni degli israeliti erano convinti che Dio fosse ingiusto, perché puniva la persona innocente mentre lasciava impunito il colpevole. È lo stesso ragionamento che facciamo noi quando ci lamentiamo che Dio non interviene a salvare il mondo da tante atrocità che sono presenti nella nostra società: distruzioni, assassinii, guerre, terroristi …. Quante volte abbiamo pensato che sarebbe stato meglio che Dio fosse intervenuto a distruggere queste atrocità? Sarebbe stato meglio che Dio fosse intervenuto!
Ezechiele ci riporta le parole di Dio che domanda: “Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?”. Dio non distrugge il male e non distrugge chi crea il male, ma offre sempre la possibilità di incontrarci nuovamente con Lui attraverso la nostra vita di amore, di bontà e di misericordia. Ci offre sempre la possibilità di cambiare, di essere diversi. Noi usiamo il proverbio che dice “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”: anche noi viviamo spesso questa realtà. Diciamo di essere disponibili al Signore, ma non sempre viviamo la nostra vita seguendolo. Ci troviamo spesso in mezzo al mare delle nostre passioni, dei nostri limiti, condizionati dalle realtà umane, e non riusciamo a uscirne da questo mare per vivere la Parola di Dio. Forse non è retta la nostra condotta nei confronti di Dio e nei confronti di dei nostri fratelli, non è giusto il nostro modo di comportarci. Siamo come quei due figli di cui ci parla il Vangelo.
Il padre di questi due ragazzi è immagine di Dio, e chiede ai figli di andare a lavorare nella vigna, e, uno risponde che non ne ha voglia, ma poi si pente e vi andò, mentre l’altro risponde che sarebbe andato, ma non vi andò! Anche noi siamo invitati da Dio a lavorare nella vigna, che è la nostra comunità e la nostra società. Qualche volta non siamo disponibili a vivere la nostra vita con impegno e generosità, e altre volte siamo entusiasti per questo compito e ci dichiariamo disponibili, ma nella nostra vita continuiamo a essere egoisti e a restare chiusi nella nostra mentalità e nel nostro modo di fare. Siamo dei veri cristiani non se nelle nostre parole diciamo di “sì” a Dio, ma siamo dei cristiani se al nostro “sì” a Dio, seguono anche le opere. Noi testimoniamo veramente il Vangelo non con le parole, dicendolo, ma testimoniamo il vangelo prevalentemente con le nostre opere. Per fortuna Dio ci offre sempre la possibilità di entrare nel Regno dei cieli, attraverso la nostra conversione.
Anche oggi Gesù ci ricorda che le prostitute possono precederci nel Regno dei cieli, non perché sono prostitute e hanno offerto il loro corpo agli altri, ma perché, nonostante tutto, gli hanno creduto e si sono convertite. Noi consideriamo sempre male le prostitute che consideriamo appartengano a una certa categoria, ma, scusate, forse anche noi apparteniamo a questa categoria di prostitute, non perché vendiamo il nostro corpo agli altri, ma lo soffriamo al potere, al denaro, al successo o semplicemente lo offriamo al nostro egoismo: siamo idolatri, ci offriamo non a Dio, ma ad altre realtà: siamo idolatri, anche se siamo convinti di credere in Dio. Coraggio, anche se siamo “prostitute” in questo senso, Dio ci offre sempre la possibilità di ritornare a Lui.
Per migliorare, cerchiamo di avere gli stessi sentimenti di Cristo, svuotiamoci delle nostre qualità e capacità, mostrando con la nostra vita che “Gesù Cristo è il Signore”, e cerchiamo di avere i suoi stessi sentimenti di amore e di compassione.
“Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco ed esse mi seguono”.