2 domenica di Avvento - Sito di don Antonello

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2 domenica di Avvento

Liturgia della Parola > Tempo di Avvento


2.a domenica di Avvento

Ci stiamo preparando alla celebrazione del Natale, quando sperimenteremo un Dio che si fa uomo, un Dio che rischia tutto diventando un bambino fragile e inerme, e oggi la Liturgia ci presenta due profeti molto diversi tra loro: l’incantato Isaia e il rude Giovanni Battista.
Isaia, prima lettura, sta parlando al popolo di Israele che è spaventato dal popolo Egizio, dall’esercito Assiro e da quello Babilonese, che vogliono prevalere su di loro, e Isaia sogna un mondo senza armi, un mondo in cui il violento (il lupo, il leone, l’orso …) giocherà con il neonato.  Questo è stato interpretato come una profezia dell’incarnazione di Dio, Natale, che porterà la pace e l’amore. Matteo, per presentarci la figura di Giovanni, uomo rude, usa le parole di Isaia: “Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Isaia con queste parole chiede al popolo di costruire nel deserto una via diritta e pianeggiante, senza ostacoli, perché il popolo possa ritornare dall’esilio, verso il Tempio di Gerusalemme e lodare Dio. E Giovanni è la “voce” che oggi esorta ciascuno di noi a preparare la via del Signore.
Giovanni è la "voce", (voce di uno che grida nel deserto), mentre il Messia è la stessa Parola, e Giovanni è chiamato a preparare questo sentiero. Giovanni è solo uno strumento al servizio della Parola, perché solo Cristo Gesù è la Parola di Dio che si comunica all’umanità.
Il Battista non ha abiti, ma è rivestito solo di peli di cammello, e si nutre di cavallette e di miele selvatico, presenti nel deserto, per mostrare che dipende solo da Dio e non da altre realtà. È il nuovo Elia, e predica proprio nel Giordano, dove il profeta Elia era stato assunto in cielo: è il nuovo Elia venuto a purificare il popolo, e il popolo è invitato a immergersi nel Giordano confessando i propri peccati. Il gesto penitenziale della gente è una specie di dichiarazione per dire: “possa Dio perdonare i nostri peccati e donarci la salvezza”. Poi, Matteo, descrive l'atteggiamento del Battista davanti agli scribi e ai farisei, che sono definiti “razza di vipere”, perché la loro fede è solo un ritualismo esasperato. Per convertirsi non è sufficiente fare gesti eroici, non basta farsi battezzare, ma bisogna cambiare mentalità e modo di vivere. In questo tempo di Avvento, questo è un richiamo che viene fatto anche a tutti noi, seguaci di Gesù. Cambiare modo di vivere.
Noi possiamo avere vari modi di attendere il Natale: possiamo attenderlo in modo sdolcinato e di tenerezza, lasciandoci cullare dall’emozione della nascita del bambino, senza convertire il nostro cuore, oppure, per vivere il Natale, possiamo cambiare la nostra vita, cercando i poveri e stando vicini agli ultimi: e allora arriva veramente dentro di noi, Gesù.
Nell’ultima parte del brano del Vangelo, Giovanni, uomo rude, minaccia vendetta e castighi divini, incendi e roghi, come facevano tutti i profeti, perché le persone non si convertivano, e invece arriva Gesù a svelarci che Dio ama e perdona, e che il Messia non spegne la fiammella tremante e non spezza la canna incrinata, ma ci lascia sempre la possibilità di convertirci e di ritornare a Lui e ai nostri fratelli.
Il Dio che aspettiamo non è un Dio che brucia, ma è un Dio che ci brucia dentro, è un Dio forte e impetuoso, che ci battezza in Spirito Santo e fuoco, un fuoco che divampa nel nostro cuore, che ci riempie del fuoco dell’Amore, bruciando la paura che abbiamo, di essere suoi testimoni di amore. Spetta a noi accogliere questo Dio.

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