Commemorazione dei fedeli defunti
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Commemorazione defunti
Una parola di commento alla liturgia che stiamo celebrando in commemorazione di tutti i nostri defunti. Ieri abbiamo celebrato la solennità di tutti santi: credo che non abbiamo pensato solo a Sant'Antonio, a Santa Rita, a San Giovanni Paolo II, madre Teresa di Calcutta, Padre Pio, che sono santi molto vicini a noi e dei quali siamo molto devoti. Penso che ieri celebrando la solennità di tutti i santi abbiamo pensato anche ai nostri defunti, perché “santi” non sono solo quelli che contempliamo con l'aureola in testa, ma santi possono essere, e ci auguriamo che lo siano, anche i nostri cari defunti perché essere santi vuol dire contemplare Dio, vuol dire essere in unione con lui, anche se una persona non è riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa come Santa. Però, anche i nostri cari defunti possono essere santi, possono essere in unione con Dio.
Lo abbiamo sentito anche nelle letture odierne, nella prima lettura, quella di Giobbe, uomo della sofferenza, che, nonostante tutto è convinto che vedrà Dio: “senza la mia carne dentro Dio. io lo vedrò, io stesso. I miei occhi lo contempleranno”. Ecco la realtà che ci aspetta, che aspetta ciascuno di noi e che hanno atteso anche tutti i nostri defunti che possiamo pensare siano santi, siano delle persone che vivono in unione con Dio, come ci ha detto anche Paolo in questo brano della lettera ai romani, e come ci ha riferito anche Gesù nel brano del Vangelo di Giovanni: “tutto ciò che il Padre mi da verrà a me, e colui che viene a me io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà ma per fare la volontà di colui che mi ha mandato”, e la volontà di Dio è che tutti quanti viviamo la nostra vita in unione con Lui.
Non lo so se anche voi abbiate fatto la festa di Halloween vestiti a maschera: hanno contemplato i morti anche loro, hanno fatto festa contemplando i morti ma in modo un po' strano, perché fare festa con l’odio dentro, con il rancore, non credo che sia proprio una grande festa. La festa la facciamo noi oggi per i defunti, perché non li consideriamo tristi, senza speranza, perché li consideriamo vivi. E questa è festa, questa è gioia: la festa che ci dà la presenza di Dio, col sorriso non con la tristezza, non con odio dentro di noi; questa non è festa. Uno, per fare festa, le cerca tutte quante le motivazioni, e allora si fa festa!
Ecco la vera festa che dobbiamo celebrare, quella che stiamo facendo oggi: è questa una festa, essere con Dio, essere in unione con Dio. Realtà che speriamo abbiano tutti quanti i nostri defunti e realtà che, speriamo, raggiungemmo tutti quanti noi, se viviamo la nostra vita con impegno.
Ieri abbiamo sentito la parabola delle beatitudini che ci diceva Beati i beati i puri di cuore, Beati i poveri in spirito, Beati i misericordiosi, […]. Traducendo dal greco la parola “beati” possiamo tradurla anche con “felici”, e la “parabola delle beatitudini” possiamo chiamarla anche “parabola della felicità”, e allora saremo felici anche noi nell'altra vita se saremo misericordiosi, se ameremo gli altri, se accoglieremo la sofferenza nella nostra vita, se la accettiamo come l'ha vissuta Giobbe. Allora saremo beati, saremo felici perché saremo per sempre in unione con Dio a contemplarlo per l'eternità.
In questa celebrazione eucaristica ricordiamoci di tutti quanti i nostri defunti, delle nostre persone care, dei nostri genitori, di qualche fratello o sorella, o magari di qualche figlio che ci ha preceduto in questo incontro con il Signore. Preghiamo con loro e per loro, perché il Signore nella sua immensa misericordia li raccolta presso di sé, nel perdono eterno, nella vita eterna e preghiamo perché accolga anche tutti quanti noi a vivere in eterno con lui dopo che in questa nostra vita terrena ci siamo preparati con impegno e con generosità per incontrarci con Lui.