4 domenica Ordinario
Liturgia della Parola > Tempo Ordinario
4 domenica Ordinario
Domenica scorsa il Vangelo ci aveva mostrato Gesù che il sabato, nella Sinagoga, aveva letto un brano del profeta Isaia, nel quale si diceva che uno avrebbe portato un lieto annuncio ai poveri, che avrebbe dato la libertà ai prigionieri e la vista ai ciechi, e Gesù aveva concluso il discorso dicendo “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltata”, affermando che le parole di Isaia si realizzavano pienamente in Lui. E inizialmente nel popolo c’era grande ammirazione per Lui: “Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca”, come confermano le prime parole del Vangelo odierno.
Anche noi, tante volte, siamo rimasti ammirati dalle parole di Gesù e dai suoi insegnamenti, però, non sempre, siamo stati fedeli alle sue parole. Noi uomini cambiamo spesso il nostro atteggiamento nei confronti del Signore, come ha fatto anche il popolo ebreo che ascoltava Gesù: inizialmente la folla lo esalta, come facciamo anche noi, però, alla fine “si alzarono e lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero fin sul ciglio del monte …, per buttarlo giù”. Per loro non era il Messia, perché conoscevano la sua famiglia e sapevano che era figlio di Giuseppe, e quindi non poteva essere l’inviato del Signore.
Quando ascoltiamo e ammiriamo un predicatore, o un profeta, oppure quando ascoltiamo Gesù stesso, vuol dire solamente che siamo ammirati per il carisma che hanno nell’annunciare la Parola di Dio, ma questo non vuol dire assolutamente che noi ci convertiamo e che accogliamo il loro messaggio, cambiando il nostro modo di vivere. Se ascoltiamo solamente la parola di Gesù, non vuol dire che siamo dei buoni cristiani.
Rivolto alla folla, Gesù presenta l’esempio della vedova di Sarepta e di Naaman il Siro, che hanno ascoltato e vissuto le parole del profeta. La vedova stava per morire e aveva solo un po' di farina e di olio che avrebbe cotto per mangiare un'ultima volta insieme con il figlio e poi morire, a causa della grande carestia che imperversava nel paese. Poi arriva Elia, che le chiede ospitalità e qualcosa da mangiare, e nonostante la preoccupazione della vedova, Elia le risponde di non preoccuparsi e di avere fiducia nel Signore: la vedova soddisfa il desiderio del profeta, e per tutto il tempo della carestia, la farina e l’olio non si esauriscono.
Naaman, un generale della Siria, era un lebbroso, e gli consigliano di andare da Eliseo per farsi guarire. Affronta il viaggio dalla Siria alla Palestina, sperando che Eliseo faccia qualche grande azione che gli dia la guarigione, ma Eliseo non fa il mago, ma gli consiglia semplicemente di bagnarsi sette volte nel fiume Giordano, e, alla fine, Naaman decide di avere fede nella parola del profeta, come aveva fatto la vedova, e allora guarisce dalla lebbra. Quello che conta, non è la stima che abbiamo per un predicatore o per un profeta, o per Gesù, ma quello che è importante è che dobbiamo abbandonarci nelle mani del Signore, avendo fede in Lui. È la fede che ottiene i miracoli, e non sono i miracoli che ci ottengono la fede.
La Liturgia, oggi ci parla di profeti che tante volte sono inascoltati. Geremia, inviato da Dio, incontra tante difficoltà e incontra varie persone che lo rifiutano (i re, i capi, i sacerdoti e il popolo), ma Geremia continua la sua predicazione perché non è solo, ma Dio è con lui. Anche Paolo incontra tante avversità nel suo annuncio; il Profeta Gesù è stato rifiutato dal popolo ed è ancora rifiutato anche oggi. Il profeta è spesso rifiutato, perché è scomodo vivere le sue parole.
Al versetto del Salmo abbiamo esclamato “La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza”, che ci ricorda che, oltre Geremia e Paolo, anche ciascuno di noi deve essere profeta, tutti noi dobbiamo annunciare agli altri la Parola di Dio, e Paolo nel brano della Lettera ai Corinzi, brano che ci mostra la caratteristica di Dio, parlandoci della Carità, ci mostra quella che deve essere la strada che tutti noi dobbiamo percorrere per essere dei profeti: dobbiamo essere immagine di Dio, con le nostre parole e con la nostra vita di amore, di misericordia, di bontà, di totale donazione agli altri.
“Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione”.